Il razzismo spiegato a mia figlia

Giusy Tramonte IV E



"Il razzismo spiegato a mia figlia" di Tahar Ben Jelloun.




In quest'epoca in cui la cultura non ha più confini, sono molti gli scrittori di origini lontane la cui voce arriva fino a noi. Uno dei più famosi è lo scrittore marocchino Tahar Ben Jelloun. Nel suo modo di esprimersi egli unisce la lingua e la cultura francese, risalenti al colonialismo nel suo Paese, e la tradizione maghrebina. Uno dei suoi libri più conosciuti è "Il razzismo spiegato a mia figlia" che, come si può intendere dal titolo molto eloquente, affronta un tema antico ma più che mai attuale.
"Dimmi babbo, cos'è il razzismo?" gli chiede sua figlia. "Il razzismo è un comportamento molto diffuso di non accettazione di chiunque sia diverso" risponde lo scrittore. E' un comportamento comune, tipico di molti uomini, ed è sempre esistito, ma non per questo può essere definito normale, giusto e accettato da tutti.
Tuttavia gli uomini non nascono razzisti; i bambini non lo sono. Lo diventano, però, se vengono educati a sentirsi superiori nei confronti di chi è diverso. La superiorità e il rifiuto sono sentimenti molto diffusi fra gli uomini. La diversità si manifesta sotto vari aspetti: il colore della pelle, la lingua, la religione, i costumi, la mentalità; anche l'uomo e la donna sono diversi ma in questo caso c'è attrazione, non repulsione. Una persona razzista non necessariamente rifiuta la diversità; può imparare, ad esempio, altre lingue pensando comunque che i popoli a cui appartengono siano inferiori al suo. Chi è razzista ha paura di chi è straniero, ma solo se questi è povero. Un emiro arabo in vacanza in Costa Azzurra non riceve certo la stessa accoglienza di un operaio africano. La paura nasce dal fatto che l'uomo si sente minacciato da chi proviene da un altro paese e che quindi non conosce. E' come avere paura del buio. Anche se non c'è alcun motivo, anche se non è razionale, si ha paura ugualmente. Per difendere il proprio territorio gli animali, seguendo il loro istinto, attaccano se vengono aggrediti. Allo stesso modo l'uomo, per difendere le sue cose dallo straniero dal quale si sente minacciato, è portato ad essere diffidente, ad allontanarlo, ma talvolta aggredisce senza essere attaccato. Questo comportamento irrazionale deriva dalla natura dell'uomo. Ad essa, però, si contrappongono la cultura, il ragionamento con i quali, se educati in modo giusto sin da bambini, gli uomini possono imparare a vivere insieme.
Nella nostra società multiculturale e multirazziale si parla spesso di razzismo ed è inconcepibile che anche i popoli che vantano un elevato grado di civiltà mostrino intolleranza nei confronti di chi ha un colore o una religione diversi. Senza andare a cercare troppo lontano, senza considerare le conseguenze più estreme del razzismo che in un passato non ancora dimenticato, ad esempio, hanno portato allo sterminio degli ebrei, basta guardarsi attorno. Nelle nostre città è piuttosto rilevante la presenza di albanesi, rumeni e altri stranieri. Noi, popolo di larghe vedute e di grande cultura, guardiamo queste persone, che spesso sono laureate e hanno un'istruzione superiore alla nostra, con il distacco di chi si sente migliore, più degno di considerazione e di rispetto, solo perché magari siamo stati più fortunati. A causa di poche persone che hanno scelto la via dell'illegalità, quando uno straniero si avvicina a noi abbiamo subito paura che voglia aggredirci o derubarci. Questi stati d'animo appartengono anche a chi è normalmente reputato colto e intelligente. Negli ultimi anni gli avvenimenti politici e le guerre che tuttora interessano il Medio Oriente, hanno reso vittime di una sottile forma di razzismo tutte le persone di origine islamica o con tratti somatici che le fanno sembrare tali. Capita ad esempio che tutti, in aeroporto, si voltino a fissare con diffidenza e inquietudine una persona di evidenti origini arabe. Magari questa persona vive da anni nel nostro Paese, onestamente, ed è in viaggio per affari, ma nella nostra mente si insinua inevitabilmente il sospetto che la sua valigia possa contenere una bomba o che voglia dirottare l'aereo. Sembrerebbe assurdo per una persona con un minimo di buon senso. Eppure, in quella situazione, tutti si voltano istintivamente a guardare il malcapitato. E' immaginabile come questa persona si possa sentire a disagio. Gli uomini, per loro natura, tendono spesso a generalizzare, soprattutto nei confronti degli altri, e a causa di un singolo si creano dei pregiudizi verso tutti gli appartenenti a quella categoria, dimostrando così superficialità e ottusità. Una frase che può sembrare ovvia, ma che si dà troppo per scontata, è : "Si è sempre stranieri per qualcuno".
Noi italiani, che ci guardiamo bene dal mantenere le distanze da immigrati ed extracomunitari, abbiamo infatti dimenticato quale trattamento è stato riservato ai nostri nonni che nel secolo scorso sono andati a cercare fortuna in altri paesi come l'America, l'amarezza e l'umiliazione di non essere accettati. Quando si parla degli italiani gran parte degli americani, considerati esempio di civiltà e progresso tanto da avere la presunzione di fare del bene agli altri esportando la democrazia con la guerra, pensano subito alla mafia, all'accento siciliano o napoletano, e all'italiano furbo e imbroglione. E' recente infatti la polemica dei nostri connazionali residenti negli Stati Uniti sul cartone animato "Shark tale". E' la storia di una gang di simpatici squali mafiosi che ovviamente sono stati doppiati in italo-americano. Hanno dimenticato che anche gli emigranti italiani, senza un soldo e con la valigia di cartone, hanno lavorato duramente per guadagnarsi un posto di rispetto nella società, e hanno contribuito in parte a rendere così ricco e potente quel Paese. Trovo molto giusto quanto scrive Tahar Ben Jelloun riguardo al razzismo, questo sentimento di diffidenza e di disprezzo nei confronti di chi è diverso, per un'inconscia paura che possa rappresentare un pericolo. Nella Bibbia è scritto che la Terra non appartiene all'uomo, ma gli è stato concesso di abitarvi e di difenderla. Da questo dovrebbe partire il rispetto per tutti gli esseri ai quali è stato dato lo stesso diritto di popolare il nostro pianeta, a prescindere da quanto possano apparire diversi.
Io non mi ritengo assolutamente una persona razzista perché sono stata educata a considerare le persone tutte uguali nella loro diversità. Senza che io me ne accorga, però, potrebbe accadere, se non è già successo, che io guardi in modo diverso uno straniero. Fa parte dell'animo umano, è qualcosa che esula dal ragionamento e dalla logica ma deriva dall'istinto. Diventa un comportamento sbagliato quando si arriva al disprezzo e all'intolleranza. Come lo scrittore anche io credo nell'importanza dell'educazione. I bambini non nascono razzisti, perciò insegnando loro ad arricchirsi, anche attraverso la musica, i film e i libri, dalla conoscenza di altre culture tutte ugualmente valide, si può fare in modo che diventino in futuro delle persone migliori, in grado di vivere in pace insieme agli altri.


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 Giusy Tramonte IV E

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