'Anna, noi che ti abbiamo amata non smetteremo mai"


GOOD BYE ANNA





Raccontano che Anna Marchesini e Paki Valente si incontrano una sera davanti ad un teatro. Ancora oggi non sappiamo se questo sia l'incipit di un libro d'amore o la verità. Di sicuro per la signorina Anna, nata ad Orvieto il 19 novembre 1953 - una popolarità travolgente esplosa come talento puro con la nascita del Trio insieme a Massimo Lopez e Tullio Solenghi nel 1983-  la storia con il giovane attore Tarantino fu di quelle destinate a segnare una vita.
Se ne parla poco di questa passione indecifrabile  - quasi un mistero esibito però con semplicità e scioltezza - anche oggi che tutti noi piangiamo la scomparsa di Anna, che si è spenta ieri a 63  anni portata via, dietro una scia infuocata di dolore, da una brutta artrite reumatoide.  I segnali che il fisico scavato di lei non fosse più pronto alla reazione c'erano tutti. Le date di alcune rappresentazioni teatrali, fissate e disdette, riprogrammate e poi fatte saltare di nuovo da incidenti o piccoli infortuni di lei che ormai lottava senza caparbietà con ostinata ma rassicurante rassegnazione.




D'altronde era stata proprio l'attrice a raccontare della sua malattia tre anni fa in tv da Fabio Fazio. "Paura? Non  direi,  sono così attaccata alla vita che mi interessa anche il suo finale cioè la morte", disse. Per tutti era stata nel corso della sua vivace e variopinta carriera - autrice poetessa attrice doppiatrice, alle spalle una laurea in psicologia conseguita nel 1975 a solo 22 anni e poi il diploma all'Accademia d'arte drammatica 4 anni dopo -forse solo oppure esclusivamente una 'zia' più che una sorella o un'amante. Come dice Walter Benjamin - di zia c'è estremo bisogno in ogni infanzia.  Sono fate che esercitano il loro influsso su una intera vallata senza mai scendervi dunque sono esseri speciali ammantati di un azzurro fiabesco, appunto.
Solo incontrando Pasquale Valente 6 anni più giovane ed uno sguardo violaceo e impudico, la zia Anna divenne donna. Bella come mai era stata prima,  confusiva, intrigante. Pasquale, figlio di un tempo dove le passioni sono povere e spente, ne rimane turbato. Si sposano nel 1991 a Parigi ed entrano a pieno titolo nel teatro della contemporaneità sentimentale fatta di contraddizioni e compromessi. L'anno dopo nasce la loro figlia Virginia ma lo specchio che riflette il rapporto di coppia comincia a rimandare inquietudini, immagini scomposte di una conflittualità caratteriale sopita solo sull'altare di una forte attrazione fisica.
Gli screzi si moltiplicano anche perché la carriera di Anna è sempre in costante ascesa mentre Paki vive di attese eterno attor giovane in bilico fra promesse e desideri. La prova che si sono amati è proprio Virginia anche se nel 1999 il matrimonio si infrange in una rottura devastante che lascia sul terreno che fu dell'amore frammenti, relitti  schegge acuminate di un tempo soffuso, perso. Irrisolto. Valente esce male di scena chiedendo alla moglie un assegno divorzile di 10mila euro, una cifra assurda anche se Anna aveva successo e guadagnava bene.
Non sono in grado di dire se Pasquale negli anni avesse ricostruito un rapporto con lei, sono temi troppo delicati dove non si entra neppure in punta di piedi. Ma una cosa la so perché ho avuto modo di vederli insieme Paki ed Anna quando erano appena diventati genitori: sono stati sia pure per un solo magico istante, felici. Ecco in nome di quella felicità oggi Pasquale dovrebbe chiedere scusa ad Anna se l'ha fatta inutilmente soffrire - il dolore è inutile comunque - portarle un fiore, dirle che era bella quel giorno a Parigi. Tanto bella che lui aveva perso la testa smettendo di amare per esigere garanzie che legittimassero il suo ruolo. Le parole per dirlo, come direbbe Marie Cardinal, ci sono. Sono semplici ma servono. Anna noi che ti abbiamo amata non smetteremo mai di amarti. Dovunque tu sarai resterai quella donna fragile e incontenibile che ci ha rubato il cuore.


di Monica Setta 


30 luglio 2016

   
  








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