Un orsacchiotto per Prospery

la bimba che ha perso la madre nel naufragio (FRANCESCO VIVIANO E ALESSANDRA ZINITI)

L'orsacchiottoPALERMO. Il gommone è semiaffondato, l’acqua arriva ormai alla cintola dei profughi che si accalcano l’uno sull’altro cercando di aggrapparsi all’unico tubolare ancora gonfio. C’è un uomo che tiene le braccia in alto stringendo disperatamente la sua bambina. Prospery, un batuffolo nero di due anni e mezzo, è seminuda, bagnata e percorsa da brividi di freddo. Piange e chiama disperatamente “mum” mentre suo padre la porge ai marinai del gommone della nave Dattilo della Guardia costiera arrivati in soccorso. Sua madre, una giovane donna incinta, non si muove più.

Il suo corpo galleggia a faccia in giù sul fondo di quel gommone che sta per affondare, diventato un campo di battaglia per quei 130 disperati che si giocano la sopravvivenza. Dopo un lunghissimo viaggio dalla Nigeria, dopo i tre terribili mesi di reclusione nella casa dei trafficanti in Libia, il viaggio della mamma di Prospery è drammaticamente finito sul fondo di un gommone nel Canale di Sicilia, calpestata e travolta nella calca dei profughi, annegata in pochi centimetri di acqua e benzina.
Prospery è la prima ad essere salvata dai marinai della nave Dattilo ed è la prima, due giorni dopo, a scendere al porto di Palermo stringendo forte un orsacchiotto in braccio a suo padre Alfa, un ventottenne che singhiozza dopo aver perso la giovane moglie e la cognata, anche lei morta nelle stesse drammatiche circostanze.
Prospery per prima e Alfa per ultimo. Due giorni fa il padre è salito a bordo della Dattolo solo dopo aver recuperato, con le sue mani, il corpo della giovane moglie e averlo passato ai soccorritori. «Volevo portare in salvo la mia famiglia e costruire un futuro per loro. Ma non sono riuscito a fare niente per mia moglie. Adesso cosa farò da solo con lei? E cosa le dirò quando sarà grande? » dice in lacrime indicando Prospery dopo aver fatto la comunione alla messa nella parrocchia di Falsomiele, assistito dai volontari della Caritas.
Prospery invece sembra tranquilla mentre gioca con una bambina bionda figlia di parrocchiani del quartiere. Addosso ha ancora i vestiti puliti e profumati, gli zoccoli fucsia che le piacciono tanto che le ha regalato Nino Gurgone, uno dei 57 marinai della Dattilo, padre anche lui di una bambina di due anni e mezzo, che per 48 ore si è preso cura di Prospery come se fosse sua figlia Serena. Le ha asciugato le lacrime mentre gridava disperata cercando la mamma chiusa in un sacco di plastica nera con le altre 11 vittime (otto uomini e quattro donne, due delle quali incinte), l’ha portata in giro per la nave e soprattutto le ha regalato quell’orsacchiotto che da allora Prospery non lascia mai.
Quando è stata presa a bordo Prospery era sotto choc, negli occhioni neri le immagini della madre riversa sul fondo del gommone, il suo nome gridato invano, la disperazione del padre che per salvare lei e tenerla in alto, lontana da quel mare che andava sommergendo il gommone, non ha potuto soccorrere la giovane moglie e la cognata.
Articolo intero su La Repubblica del 12/07/2015.

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https://triskel182.wordpress.com

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