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Migranti, non solo Lampedusa



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Secondo i calcoli del Viminale, la permanenza in mare dei migranti è di una media di circa 8-10 ore, a bordo di imbarcazioni generalmente sovraccariche (fino a quasi 600 persone) in cui non è raro trovare donne in gravidanza e minori non accompagnati. Spesso è possibile identificare la provenienza dei migranti dalle barche. Ad esempio, le imbarcazioni in legno arrivano principalmente da Zuara, cittadina a ovest di Tripoli, e vengono utilizzate da migranti siriani ed eritrei, ma condotte da marinai professionisti di nazionalità tunisina. Quando arrivano, invece, “gommoni oceanici”, la provenienza più probabile è Tripoli o Garabulli (località a est della capitale libica). Solitamente queste imbarcazioni sono guidate dagli stessi migranti, individuati tra coloro che hanno un minimo di esperienza nautica, ai quali le organizzazioni criminali non fanno pagare il costo della traversata.



Un'imbarcazione con a bordo migranti.
Un’imbarcazione con a bordo migranti.
Ma che caratteristiche hanno queste rotte “altre”? E i territori sono preparati per l’accoglienza? In Puglia gli sbarchi avvengono soprattutto nel Salento, in particolare tra Otranto e Santa Maria di Leuca. A quanto risulta, attualmente questi flussi partono dalla Siria, transitano per la Turchia e poi arrivano in Grecia. Una volta arrivati nel paese ellenico vengono praticamente lasciati liberi di muoversi. E da qui che solitamente partono le imbarcazioni verso le coste italiane , ma non mancano casi in cui arrivano dalle coste dell’Albania. Luigi Pannarale, professore ordinario di Sociologia del diritto nel dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Bari, tra il 2013 e il 2014 ha portato avanti insieme ad un’equipe di ricercatori l’ “Osservatorio sulla detenzione e accoglienza dei migranti in Puglia”. In questa regione ci sono quattro Cara (Centri di Accoglienza per Richiedenti Asilo) e sono attivi numerosi centri Sprar (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati). Inoltre, sono presenti due Cie, centri di identificazione ed espulsione. “Se il fine del sistema di gestione dei migranti è semplicemente assicurare l’ordine pubblico – spiega Pannarale – allora non ci sono particolari rilievi da fare. Ma se l’obiettivo deve essere anche quello di creare le condizioni per l’integrazione, allora si può certamente fare meglio. Ad esempio – continua il professore – i Cara pur essendo delle strutture aperte, sono collocate in posti isolati e non favoriscono l’integrazione. Meglio sono gli Sprar che costano quanto i Cara, ma consentono un maggiore scambio con le comunità del posto. Purtroppo, però – conclude – fino ad ora in Puglia ci sono stati progetti molto circoscritti”. In Calabria, invece, gli sbarchi si verificano soprattutto nella costa ionica, concentrandosi nel crotonese e nell’alta Locride. È a partire dalla primavera del 1997 che queste coste diventano meta di sbarchi di profughi. In poco meno di tre mesi vengono intercettate sei “carrette del mare” con a bordo 1.447 esuli. Il 26 dicembre dello stesso anno accade un evento che segna profondamente la storia degli sbarchi in Calabria: nella spiaggia del comune di Badolato approda l’ “Ararat”, una barca con 835 curdi in cerca di rifugio. Le comunità locali si mobilitano immediatamente per aiutare i migranti, dando luogo ad una vera e propria gara di solidarietà. Oggi la “rotta calabrese” parte dalla Turchia, ma ci sono anche casi di imbarcazioni che arrivano direttamente dall’Egitto. E non è raro che sia la Marina militare a trasportare i migranti che vengono soccorsi nel canale di Sicilia e nella maggior parte dei casi vengono portati nel porto di Reggio Calabria. Antonella Sarlo dell’Università di Reggio Calabria, è autrice insieme a Maurizio Imperio e a Flavia Martinelli della ricerca “Immigrazione e politiche di inclusione in Calabria”. “Nella nostra regione si è cercato di puntare ad un modello di accoglienza legato agli Sprar – osserva – che tende a creare un sistema di distribuzione dei migranti sul territorio. Molte zone interne della nostra regione sono da tempo in progressivo spopolamento e grazie a questi progetti – conclude – si riesce a collocare i migranti proprio in queste realtà che sono in declino”.



Le rotte dell'immigrazione nel Mediterraneo (Fonte: http://frontex.europa.eu/)
Le rotte dell’immigrazione nel Mediterraneo (Fonte: http://frontex.europa.eu/)
Nel caso della Campania, i migranti arrivano esclusivamente attraverso le navi della Marina militare. E questo costringe la regione a doversi dotare di strutture per far fronte all’emergenza. “Qui vengono portati soprattutto nei porti di Salerno e a Napoli – spiega Maria Teresa Terreri, presidente di Cidis Onlus, associazione che si occupa dell’accoglienza dei migranti – i flussi aumentano soprattutto nel periodo estivo, quando le rotte calabresi e siciliane esplodono. Arrivano soprattutto dal Corno d’Africa, da paesi come l’Eritrea, ma anche da Siria, Mali, Senegal, Nigeria e Ghana”. Ma la Campania riesce a reggere quest’urto? “Purtroppo la risposta non è sempre stata qualitativamente all’altezza – osserva Terreri – la prefettura di Caserta, ad esempio, ha preferito puntare sulla creazione di grossi centri di accoglienza molto periferici, e questo non aiuta certo l’integrazione. Sarebbero meglio strutture più piccole – continua – perché favoriscono la conoscenza reciproca tra i migranti e le comunità locali, consentendo anche la caduta di pregiudizi e luoghi comuni . Quando abbiamo avuto più tempo per organizzarci – conclude – siamo riusciti a creare le condizioni per strutture più leggere e meglio distribuite nel territorio
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http://www.theteller.it/2015/06/05/non-solo-lampedusa-laltra-immigrazione/

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